Al crocevia che porta a Villanova e alla zona industriale bernareggese vi è una colonna in pietra con una croce in ferro.
Queste colonne, chiamate comunemente crocette, sono spesso definite compitali, perché erano situate al centro di un compitum, che in latino significa “trivio” o “quadrivio”. Dovevano perpetuare la tradizione della preghiera collettiva e insieme ricordare il flagello della peste.
Questa testimonianza fa ricordare quali tremende conseguenze ebbero a subire le genti in seguito a tale calamità, a cui seguì una serie di terribili carestie che la storia indica frequentemente nel periodo dal 1570 al 1628.
Sono questi gli anni nei quali le popolazioni dei paesi e dei villaggi del milanese furono costrette ad abbandonare i campi piuttosto che pagare le gravose imposte che aumentavano di giorno in giorno. Inoltre i raccolti furono molto scarsi ed i guasti ai campi ed alle coltivazioni sempre più frequenti, causati soprattutto dalle cacce di signori e dal sempre più insistente passaggio delle milizie.
Finché il colmo si raggiunse nel 1628, quando – andati a male tutti i raccolti – scoppiò in tutto il territorio del milanese quella terribile epidemia di peste che Alessandro Manzoni ci ha descritto nell’immortale romanzo I promessi sposi.
A questa peste fece seguito l’altra famosa e spaventosa del 1630 e nel 1633 con una generale morìa del bestiame.
Dopo i tristi anni della peste, la vita riprese anche nel nostro piccolo borgo dove la popolazione era dedica prevalentemente all’agricoltura.
La nostra colonna compitale è detta del Ciavell, forse perché da attribuire a un certo Paolo Chiavelli, un personaggio, come risulta da un antico documento, che si fece carico, tra l’altro, di commissionare un quadro per la nostra chiesa parrocchiale, nella quale è ancora custodito.
La colonna compitale si compone di due parti: quella superiore risale al 1630 mentre quella inferiore (come appare dal numero romano scolpito sul piedestallo) è del 1819.
(testo di Domenico Carozzi)
L’attuale piazza della Repubblica, un tempo era denominata in altro modo: piazza del Castello e, in seguito, piazza Umberto I. A ridosso della piazza si trovava infatti un castello che, nel secolo X, fu dimora della nobile famiglia dei Bernareggi. Al suo fianco, in corte d’Assisi, esisteva anche il convento degli Umiliati, di cui oggi si sono conservati solo pochi resti, come l’androne di accesso alla corte stessa.
Il nome di piazza Umberto I venne cambiato con quello di piazza della Repubblica, con delibera di Giunta n. 56 del 9 ottobre 1948.
Dalle testimonianze di un tempo neanche tanto lontano, e il favore di alcune cartoline, si attesta che al centro della piazza esisteva una fontana ottagonale (fatta costruire nel 1932 dal podestà Gallesi) alla quale le donne dei cortili vicini facevano la spola per attingervi l’acqua. A quei tempi infatti quasi nessuno beneficiava della comodità di avere in casa il rubinetto dell’acqua potabile. Ecco perché dietro l’uscio di casa, appesi alla parete, si potevano scorgere i secchi con accanto l’immancabile mestolo (ul casü).
Frugando tra i ricordi di quella che da sempre è considerata il cuore del paese, vengono in mente soprattutto le persone e le loro attività, come ad esempio i bottegai. Ricordiamo l’orologiaio Pietro di Biei, la tabaccheria di Carlota del Bravin (poi pasticceria Faraon), il ferramenta Lavelli detto «palancun», la drogheria Bolgiani, il panificio Baraggia al quale si aggiunse anche la salumeria, il «selê» Baio, la drogheria Viganò e poi ancora, in tempi meno remoti, il barbiere «Tramunt», la fruttivendola Enrica del «Coeugh», la Pesa, il droghiere Ambrogio Beretta… tutti comunque in grado di soddisfare le semplici esigenze di allora e di caratterizzare la vita del paese.
(testo di Domenico Carozzi)
Nel lontano 1884, quando Bernareggio era capoluogo comunale, dal momento che non esisteva una struttura adeguata, venne dato incarico all’ingegner Luigi Cantù di progettare la costruzione del municipio. Così, individuata l’area, venne acquistato il terreno dai Malacrida di Aicurzio.
L’edificio fu realizzato e inaugurato nel 1888 dall’allora sindaco Carlo Barassi di Carnate e si trovava in largo Dante.
Il municipio aveva annesse anche le aule scolastiche, ospitate sino ad allora presso l’oratorio. Gli uffici comunali rimasero in largo Dante fino al 1948 per poi trasferirsi nell’attuale palazzo di via Prinetti, ex villa Bonacina-Gallesi-Landriani. L’edificio di via Dante ospitò quindi la scuola elementare e poi le scuole medie sino al 1982. L’ex municipio è ora sede di associazioni e di ambulatori medici.
La villa Bonacina-Gallesi-Landriani, come detto, nel 1948 fu destinata a Municipio. La struttura originaria settecentesca è ancora visibile soprattutto nelle facciate laterali e in quella posteriore affacciata sul giardino. Su quest’ultima è tuttora leggibile lo stemma col leone nel quarto superiore e un gallo in quello inferiore, antica insegna dei Gallesi.
Nella porzione di giardino rimasta, è da segnalare (come del resto viene riportato da una cartolina), la presenza di un pregevole pozzo ottagonale, abbellito da ferri battuti neobarocchi.
La parte anteriore della villa sembra con pianta a «U» regolare. Il portico ad archi a tutto sesto del piano terra e la soprastante loggia architravata riprendono schemi rinascimentali di gusto eclettico tipicamente ottocentesco. La scalinata esterna con invito ad esedra, la balaustra e il portale monumentale che raccorda le testate delle ali sulla strada, sono aggiunte dei primi anni Cinquanta (Delibere di Giunta n. 14 del 10-7-1949 e n. 2 del 10-3-1951).
All’interno la villa conserva alcune sale con decorazioni ottocentesche, in particolare il salone principale del piano nobile, poiché le altre furono parzialmente alterate o frazionate negli anni 1976-77, quando la villa subì un ulteriore riordino, con il restauro di tutte le facciate e adattamenti interni. In quell’occasione fu ampliata la grande sala ottocentesca del corpo sinistro, collegandola al cortile attraverso una serie di archi chiusi da vetrate scure, nella quale attualmente si svolgono le sedute di Consiglio comunale.
Nel 1974 venne anche demolita una serie di fabbricati attigui adibiti a filanda.
Il palazzo fu dimora del casato della madre di Laura Solera, fervente patriota, amica di Garibaldi e di Mazzini, fondatrice di scuole, ospedali, orfanotrofi e del primo sindacato femminile di mutuo soccorso. Laura Solera Mantegazza, alla quale è dedicata una via del paese, fu ispettrice delle nostre scuole e promosse corsi di taglio e cucito per le donne del paese. Morì nel 1873.
Nel mese di maggio 2013 la sede del Municipio di via Prinetti è stata trasferita nella nuova struttura di via Pertini ed ufficialmente inaugurata il mese successivo e più precisamente il 9 giugno.
(testo di Domenico Carozzi)
Elenco dei sindaci
1574 Mandello Ambrogio e Villa Stefano
1798 Motta Ludovico
1810 Landriani Gaetano
1811 Castelnuovo Gioan
1862 Bonacina Giuseppe
1869 Malacrida Giuseppe
1887 Barassi Carlo
1890 Prinetti Lorenzo
1895 Leoni Antonio
1899 Rogorini Pietro
1902 Prinetti Lorenzo
1905 Calchi Giulio
1907 Barzaghi Carlo
1910 Leoni Gian Leone
1914 Ferrerio Francesco
1920 Colombo Amedeo
1924 Pagliarini Pietro
1926 Leoni Gian Leone
1929 Gallesi Giuseppe
1938 Pellerito Giuseppe
1939 Bucchioni Guido
1939 Fucigna Gino
1943 Rossi Carlo
1943 Besana Federico
1945 Besana Romolo
1951 Crippa Franco
1970 Vertemati Luigi
1972 Vertemati Paolino
1980 Vertemati Fernando
1995 Agostini Serena
1999 Fumagalli Daniele
2009 Biella Emilio
2014 Esposito Andrea
Nel Cronicon della parrocchia leggiamo che il parroco don Mariani, nel 1913, si adoperò per la realizzazione dell’oratorio maschile: uno strumento per la cura e l’educazione della gioventù.
Il 26 luglio 1914 viene così benedetto e inaugurato il nuovo oratorio. Nel Cronicon non si fa accenno né da chi sia stato comprato il terreno né tantomeno come sia stata finanziata la sua realizzazione avvenuta in così breve tempo.
L’11 giugno 1930, con atto registrato dal notaio Mascheroni di Monza, don Mariani dona alla fabbriceria della chiesa parrocchiale lo stabile e il cortile dell’oratorio.
Sembra che don Mariani, pur di costruire in tempi veloci l’oratorio si sia personalmente indebitato. Infatti, don Ambrogio Sbarbori che fu per alcuni anni suo collaboratore scrive: «un ricordo particolare per il parroco dott. Gaetano Mariani che ideò e fece costruire l’oratorio maschile con grandi sacrifici ed umiliazioni».
Il 17 maggio 1940 i signori Mario Lissoni e Giuseppe Vismara, con atto del dott. Mascheroni, forniscono i soldi per acquistare 1501 mq di terreno per il prolungamento dell’oratorio maschile, terreno acquistato dalla signora Maria Passoni e dai coniugi Carlo Vertemati e Matilde Besana.
L’8 giugno viene benedetta e inaugurata la cappella completamente rinnovata.
Il 22 giugno 1942 le autorità politiche e civili del paese chiedono il salone dell’oratorio maschile per adibirlo, nei mesi estivi, ad asilo, volendo usare i locali della scuola materna per la colonia elioterapica.
Il parroco interpellò il card. Arcivescovo il quale manifestò il desiderio che i locali non fossero ceduti a nessun ente, ma che potessero essere utilizzati per gli scopi per i quali erano stati costruiti.
Quindi, nei mesi estivi, si sarebbero dovuti accogliere i ragazzi che altrimenti sarebbero rimasti per strada.
Il 12 novembre 1942 viene fatto dono, dalla famiglia Bellani fu Giuseppe in memoria del defunto padre e a ricordo dei fratelli Mario e Carlo militari, di un servizio di sei candelieri con croce e due candelieri a tre fiamme in bronzo finemente cesellati, per la cappella dell’oratorio.
Il 17 maggio 1943, il soldato Emilio Viganò, reduce dalla Russia, offre alla cappella S. Mauro un bel lampadario elettrico a sei fiamme.
Nella solennità del Corpus Domini del 1944 viene benedetto e inaugurato nella cappella dell’oratorio un affresco eseguito dal prof. Galli raffigurante la Madonna Ausiliatrice e i santi patroni S. Giovanni Bosco e S. Mauro. Si compie così un voto fatto nel 1943 da don Ambrogio per ottenere dalla Vergine protezione per tutti i giovani soldati in guerra.
Ad ampliamento dell’oratorio, con atto del dott. Mascheroni, il 30 marzo 1949 viene acquistato un appezzamento di terreno di 1690 mq dalle sorelle Luigia, Fabiola, Giuseppina Passoni eredi della defunta Maria Bonfanti ved. Passoni. E sempre con atto del dott. Mascheroni in data 18 gennaio 1950, vengono comprati da Carlo Vertemati 1360 mq di terreno.
Agli inizi degli anni Cinquanta il campo di calcio dovette essere ampliato per permettere alla locale squadra di poter svolgere il campionato in Promozione. Si dovette prendere in affitto parte del terreno adiacente al campo dell’oratorio.
Poi, a motivo dell’ormai risaputa squalifica, non venne più rinnovato l’affitto del terreno e il campo di calcio dell’oratorio divenne quello attuale.
Nel 1958 per creare ulteriori spazi educativi venne realizzata la nuova ala con le aule di catechismo e il bar. In tale occasione fu anche sistemato il cortile centrale, creando l’opportunità prima di giocare a tennis e pallavolo e successivamente anche a basket.
Nel 1980 viene completamente ristrutturata la casa del coadiutore.
Agli inizi degli anni Novanta venne smantellata la cabina del cinema e liberato il salone da poltroncine e pedane ormai fuori norma. Nella risistemazione dei locali fu individuato uno spazio per realizzare la nuova cappellina che doveva essere più raccolta e con una capienza maggiore creata dall’apertura rivolta verso il salone.
Dal 1985 al 1993 fu avanzata più volte l’ipotesi della costruzione di un nuovo oratorio maschile. Il parroco don Albino si adoperò personalmente per valutare assieme all’Amministrazione comunale quale localizzazione fosse più opportuna. Ci furono anche diversi contatti con l’Idsc (Istituto diocesano sostentamento clero) affinché ritornasse almeno una piccola parte del terreno del beneficio parrocchiale, del quale era venuto in possesso (circa 180.000 mq), da utilizzare per la costruzione del nuovo oratorio.
Al termine di innumerevoli discussioni e incontri, dei quali il Consiglio Pastorale fu sempre tenuto informato, si decise di lasciare l’oratorio maschile dov’era e si diede incarico per un progetto di massima per un suo ampliamento e ammodernamento.
Nel 2005 vennero risistemati i bagni, le docce e gli spogliatoi.
Da ultimo, è di questi tempi (2011), il totale rifacimento dei campi da gioco.
(testo di Domenico Carozzi)
Elenco coadiutori:
1913 don Antonio Salvioni
1926 don Ambrogio Sbarbori
1944 don Enrico Turri
1947 don Eugenio Boselli
1954 don Umberto Ghioni
1980 don Giancarlo Fumagalli
1987 don Isidoro Crepaldi
1994 don Enrico Mauri
1996 Andrea Regolani (seminarista)
1996 don Virginio Pontiggia
1997 don Angelo Pozzoli
2005 Antonio Brambilla (diacono)
2010 don Bangaly Marra
La Fiaccola Votiva, più comunemente denominata Fiaccolata, è uno dei momenti forti della vita del nostro Oratorio. Una tradizione più che consolidata che generalmente viene effettuata per un evento importante come ad esempio l’apertura dell’anno oratoriano.
La Fiaccolata è un pellegrinaggio che solitamente parte da un santuario mariano e che viene compiuto dai nostri giovani i quali, alternandosi, corrono per le strade portando la fiamma, quale segno di fede, di luce e di speranza verso la propria parrocchia.
Quando si parla di Oratorio non si può non menzionare anche la Compagnia Teatrale che ha da sempre riscosso numerosi consensi.
Ma la sua storia presenta numerose sfaccettature. Infatti, a Bernareggio, negli anni Cinquanta, esistevano due compagnie: la Filodrammatica dell’Oratorio Sant’Agnese, rigorosamente al femminile e la Compagnia dell’Oratorio maschile San Mauro ovviamente composta da soli uomini.
A quei tempi il copione esigeva parti piuttosto impegnate e serie come nelle commedie in lingua “La nemica” del 1955, “Tradita” 1958, o “Le furberie di Scapino” di Molière.
Durante gli anni si sono susseguiti diversi gruppi e altrettante figure di attori dilettanti. Poi pian piano le compagnie si sono sciolte e, fino alla fine degli anni Settanta si è assistito a sporadiche rappresentazioni, anche perché non esisteva una vera e propria compagnia stabile.
Nel 1982 viene invece fondata la Compagnia OSM (Oratorio San Mauro) costituita da una quindicina di persone che, sotto la guida del regista-attore Emilio Brambilla ha messo in scena (anche due volte all’anno), numerose commedie brillanti esclusivamente dialettali sino al 2011.
Ecco qui di seguito i titoli:
Amor e gelosia se fann semper compagnia e La fortuna l’è sorda (1982)
Matt in salott… (1983)
I danee di pret van in ciel (1984)
La fabrica del tubo e El cortil di Casinett (1985)
I ratter del Navili (1986)
Tre topi grigi e L’Angelo di Caino (1988)
Quel campett del Signur e Mi voti el mè marì (1989)
Un marì per la mia tosa e Un om pien de pregiudizi (1990)
Cambia còo che te spusi e Mei la mièe che i danèe (1991)
El travet del Vigentin e Andrea Lumaga trasporti rapidi (1992)
Gent de ringhiera e Adone Cremonesi, lane e cotoni (1993)
El fioeu di scirès (1994)
El zio matt e El sacrista de San Firmin (1995)
On animal de controll e Se canten i gainn… tass el gall (1996)
La cà di lagrim (1997)
Te paghi no! e Criniera d’oro, cavall de S. Sir (1998)
L’anima travasada e Lassa fa de mi (1999)
El marì de mia mièe e La mièe bruta (2001)
Una famiglietta quasi per ben e Fortuna e danèe in semper dispiasèe (2002)
Che gibilèe per quatter ghei (2003)
Come se rapina una banca (2004)
Quell grass de rost d’un ragionatt (2005)
Ch’el scusa, ma lù chi l’è? (2006)
L’è minga vera, ma ghe credi! (2009)
I scalmann de la sciura Giulia (2011)
(testo di Domenico Carozzi)
Quando si parla di cortili si intende quell’insieme di case costruite attorno ad un’area comune, più o meno grande, e che dirimpetto avevano costruzioni rustiche adibite a stalle e fienili. Generalmente in cortile si accedeva da un unico ingresso tramite il portone.
A Bernareggio, già a partire dagli Anni ’60, molti cortili subiscono l’abbandono: si registra infatti un considerevole esodo verso più comodi appartamenti in condominio. Di conseguenza, le vecchie costruzioni lasciate sfitte, con l’andare degli anni segnano un inevitabile deterioramento.
Le abitazioni di un tempo erano generalmente formate da un paio di locali al piano terra, adibiti a cucina e a stanza “ripostiglio”, mentre al piano superiore, raggiungibile tramite una scala comune esterna, si accedeva alla camera da letto. Il riscaldamento non esisteva. A letto ci si scaldava con la borsa dell’acqua calda (la boul). Anche il bagno non esisteva. Ogni famiglia usufruiva di un gabinetto esterno situato in cortile.
In questi ultimi anni – vedi ad esempio il cortile del Mulett e quello del Masiruni – si è registrato un progressivo recupero operato da grosse imprese edili che, acquistando gli immobili ormai fatiscenti dell’intero cortile, tramite rifacimenti e ristrutturazioni hanno trasformato e proposto nuove realtà abitative dalle moderne tipologie.
Ecco alcuni esempi di come venivano definite un tempo le nostre corti.
Il loro nome nella maggior parte dei casi veniva attribuito in base al personaggio che le caratterizzava. In questo modo era facile localizzarle.
Curt d’Assisi, curt de la Sacra Famiglia, curt del Selee, curt di Varisch, curt di Papa, curt del Burelù, curt del Cartee, curt del Coeuch, curt de Sara, curt del Valent, curt di Famich, curt de Favì, curt del Circulett, curt di Bulpitt, curt del Fughett, curt del Furmaè, curt di Limunta, curt del Mulett, curt di Calonech, curt di Lasarett, curt di Biej, curt d’Imbroeut, curt del Robadò, curt del Gal, curt del Fatt, curt di Papitt, curt di Galmasi, curt del Masiru, curt de Stagieta, curt de la Ziett, curt del Marcònt, curt de Capèla, curt de Magnoeula, curt de Busott, curt del Businett, curt di Carlinett, curt Nòbel…
Questi invece i nomi delle nostre cascine: verso Carnate troviamo cascina S. Anna (detta Grafignana), Cascinetta, Belvedere e Cascinella.
A nord del paese: cascina Francolino, Gattafame, Sofia (detta Gagett), Fiori, Armellina e cascina de Spiret.
A sud verso Vimercate, si trovava cascina Nuova.
(testo di Domenico Carozzi)
Una delle vie più importanti di Bernareggio, immortalata da diverse cartoline, è senza dubbio via Franzolino Prinetti, la Strada Provinciale n. 3 che attraversa e divide a metà il centro cittadino.
Il personaggio, al quale è intitolata la via, proviene da una nobile e ricca famiglia che si stabilì nel nostro paese intorno alla seconda metà dell’Ottocento.
I Prinetti, proprietari terrieri e di numerosi immobili quali ville e fabbricati (fornaci e incannatoio compresi), per il bene del paese si impegnarono su diversi fronti tanto da lasciare una traccia positiva e indelebile.
La mamma di Franzolino, contessa Albina Sofia Olga Prinetti Schlik, si dedicò ad opere benefiche impegnandosi anche nel campo dell’istruzione (continuò infatti l’opera intrapresa da Laura Solera Mantegazza).
Il figlio Lorenzo partecipò attivamente alla vita amministrativa, ricoprendo persino la carica di sindaco.
Franzolino invece, con spirito e sentimenti patriottici, si arruolò volontario per combattere nella guerra d’Indipendenza la battaglia di Custoza, dove purtroppo, da eroe, perse la vita a soli 18 anni.
Prima di raggiungere le attuali dimensioni, via Franzolino Prinetti (come testimoniano alcune immagini degli anni Venti conservate negli annali), risultava molto più ridotta.
Solo verso gli anni 1934-36 la sede stradale fu ampliata e dotata di marciapiedi.
(testo di Domenico Carozzi)