L’inverno
Per il contadino i mesi invernali risultavano essere un periodo di relativa calma. Esente dunque dal lavoro dei campi, ricoperti di neve, “ul paisò” si dedicava alla fabbricazione e al ripristino degli attrezzi: dai manici delle vanghe, ai denti dei rastrelli; dai gerli, ai finimenti del bestiame.
Le lunghe e gelide serate venivano trascorse nella stalla, resa accogliente dal calore degli animali, anche se umida e maleodorante: un fatto, però, che costituisce una delle usanze più caratteristiche della nostra tradizione.
Radunati al chiarore della lucerna, così raccontano alcune testimonianze, si recitava il Rosario, si lavorava la lana, si ricamava la dote, si faceva il burro agitando la panna ed i nonni, fumando la pipa (o il toscano), raccontavano ai bambini storie che sfioravano l’inverosimile, tra apparizioni di santi o di fantasmi, con l’aggiunta spontanea di particolari dettati dalla propria fantasia.
In questo ambiente si aggregavano anche i giovanotti fidanzati che, intimoriti dalla presenza del “regiu”, riuscivano ad avvicinare le signorine solo con qualche sfuggevole sguardo.
(testo di Domenico Carozzi)