Parlando del periodo del Morti, torna subito alla mente quando, durante l’Ottavario, dopo cena ci si recava al cimitero per portare un cero ai nostri cari defunti e recitare un Requiem davanti alla loro tomba.
Tutto assumeva una particolare atmosfera perché già all’altezza delle “quattro strade”, sul marciapiede ci si imbatteva in un andirivieni di gente che si udiva bisbigliare la recita della corona (il rosario), cadenzando le decine di Ave con l’invocazione “Anime sante, anime purganti, pregate Dio per noi che noi pregherem per voi, che ci dia la gloria del santo Paradiso”.
Noi, ancora fanciulli, stretti a braccetto ai nostri genitori, pensavamo solo a difenderci dal freddo portando nelle tasche una manciata di castagne calde, appena cotte.
Subito dentro al camposanto, sulla parte sinistra, si scorgeva un “gabbiotto” da dove, il signor Luigi Fumagalli prima, e Peppino “Russ” poi, vendevano ceri di tutte le misure. Venivano inoltre distribuiti gratuitamente anche i fiammiferi di legno a chi, sbadatamente, non si era in precedenza premunito.
Mentre si passava in rassegna le tombe di tutti i parenti, venivamo rapiti da centinaia di luccichii di lumini che nel buio della sera brillavano formando per noi ombre tremolanti e misteriose.
Dopo le preghiere, si tornava sui propri passi; una volta a casa, si attraversava frettolosi il cortile e si imboccava la scala per raggiungere la stanza da letto. Per gli scherzi che spesso ci coglievano di sorpresa, salivamo i gradini di corsa, perché a quel punto ci invadeva un grande senso di paura.
Una volta raggiunto il letto, ci si infilava tra le gelide lenzuola riscaldate a malapena dalla borsa dell’acqua calda (la bòul – di alluminio): un ritrovato “moderno” che sostituiva il vecchio “scoldalecc”.
Sopra le nostre teste, penzolanti facevano bella mostra alcuni salami messi a stagionare, e i vetri, ghiacciati, ci sembravano fossero stati decorati a mano. Mentre ci venivano rimboccate le coperte, ecco le ultime preci recitate in un dialetto per noi quasi incomprensibile: “Questo letto è un cataletto, questa dubbia l’è un pan di mort, Gesù Maria per i nost pover mort; nost pover mort in compagnia, Gesù Maria per l’onima mia”.
(testo di Domenico Carozzi)